domenica 12 ottobre 2014

Mothercar - Primo Disco




Der Sonnenaufgang Kommt Nie Für Sie
Pezzo 1
Weed Canaja
Sweet Caroll And The Dog Sons
Blak Owl
From That What You Say
Enfisema
MutterAuto (HiddenTrack)

Corri, vai al lavoro. Università. Scadenze precise. Cazzo devo recensire il disco di quel gruppo, come si chiamavano? I Mothercar. Strano nome. No, effettivamente suona bene. Mo Ther Car. Perché no? Auto e macchina, in fondo non sono nient'altro che i desideri primari dell'uomo secondo la visione capitalistica moderna … non sarà che questi Mothercar saranno degli anarcoidi? Vediamo un po': cd presentato ad El Paso, detto anche El Paso occupato. Video del singolo girato in una casa abbandonata, chissà dove (Torino, sicuro); copertina ripresa dallo schema decorativo interno alla casa. I Mothercar vengono da Chivasso, non da Torino, e ci tengono a dirlo. Ecco un buono spunto interessante: di solito tutti fanno al contrario. In effetti, con le altre band torinesi, i Mothercar hanno ben poco da spartire. La differenza sta innanzitutto nel format a tre, che comporterebbe una serie di limitazioni davvero notevoli, se non fosse che Niccolò Boscolo è in assoluto uno dei migliori chitarristi della zona, a mia detta forse secondo solo a Lorenzo Riccardino dei Glooom. Il secondo aspetto discernitivo importante è l'atteggiamento bonario e sinistrorso della band: un evidente e frequente richiamo alle tematiche politiche cruciali dei nostri tempi, senza perdersi troppo nella retorica – tipicamente propria degli artisti che raggiungono una certa notorietà nel capoluogo piemontese – secondo cui l'artista dovrebbe sentirsi autorizzato a far proseliti su tematiche importanti in quanto in quanto autoinvestito di una superiorità morale direttamente trascesa da un'entità metafisica più o meno definita. I Mothercar, invece, non si perdono in chiacchiere, non vanno al Margot a farsi offrire il cocktail fino alle 3 di sera per circondarsi di ragazzine diciannovenni e sperare di incontrare il vecchio Samuel che alla veneranda età di 45 anni forse passerà a pescare una squinzietta del primo anno di filosofia per il pompino domenicale. No, i Mothercar un giorno probabilmente distribuiscono cibo gratuito alla mensa per poveri e la domenica vanno a prendersi i lacrimogeni in faccia in val di Susa. La preoccupazione dei Mothercar non è la dialettica dell'”io,io,io,io, IO” , ma piuttosto quella, sana, del “sono una persona normale, faccio delle cose nella vita e nel tempo libero mi piace tanto, ma tanto suonare”. 
I Mothercar sono la musica che fanno: ed è indubbiamente per questo che sono così bravi.


Attivi dal 2010, i Mothercar avevano già pubblicato una demo (nel 2012) che era forse il lavoro più minimale degli ultimi dieci anni di vita musicale torinese: copertina orrenda, titoli inesistenti, pezzi abbozzati. Non era affatto male, c'erano solo un po' di cose da rivedere.
Eccoli quindi arrivare all'etichetta Scatti Vorticosi: inciso l'album, i MadreAuto hanno letteralmente osannato sulla loro pagina facebook tutto il catalogo dell'etichetta, col risultato che il loro link, sulla pagina web di Scatti Vorticosi, non è ancora presente. Ma non preoccupiamoci no? Questa è la prassi! Tu mi fai incidere un album, dopodiché sarà sicuramente io con i miei 600 fan su facebook a farmi pubblicità da solo: funzionerà sicuramente!
Ma torniamo ai Mothercar, adesso, ed alla loro musica: saranno già parecchi stufi di sentir parlare di come si vestono, di atteggiamenti ed etichette.



Il loro disco, intitolato proletariamente (ok, la smetto) Primo Disco, ci mostra una band alle prese con un bagaglio di influenze piuttosto ampio e difficilmente coniugabile, il che ha reso particolarmente interessante e difficile scrivere questa recensione. Senza dubbio i tre tratti somatici principali sono l'hardcore, inteso non solo come riferimento musicale e culturale ma anche come atteggiamento sonoro, che si riflette anche in certe distorsioni e linee di batteria decisamente stoner; un amore appassionato per gli anni 70 e per gli arpeggi melodici ed il tentativo continuo di contaminare il tutto con linee proprie della drum'n bass. Tuttavia, utilizzare i termini così in fretta fa perdere in fretta le coordinate musicali di riferimento. Definire il disco come “post rock” potrebb'essere una sana indicazione, se per post-rock s'intende il superamento della forma canzone in funzione di uno schema compositivo più libero, ma non aspettatevi niente a che vedere con i Mogwai o con gli Explosions In The Sky, siete completamente fuori strada. Io, invece, penserei più ad un gruppo (e, devo dire, mi sono stupito nel trovarlo tra le influenze rivendicate dai Mothercar stessi) come i Neu! se volessi far riferimento al pezzo di apertura, Der Sonnenaufgang Kommt Nie Fur Sie (Il sole non arriva mai per voi), ed agli Ash Ra Temple. Il pezzo si può dividere, e neanche tanto idealmente, in due parti completamente differenti e che sembrano montate insieme senza uno schema logico. Con questo non intendo affatto che lo stacco netto mi dispiaccia. Anzi. La prima parte potrebbe anche certi artisti italiani come i Giardini di Mirò o gli Hermitage, la seconda, per dare un'indicazione abbastanza sbrigativa, è assai più vicina agli Stooges e la voce mi ricorda i Colour Haze. Un gruppo questo, che io consiglierei assai ai padiglioni auricolari dei tre membri del power trio. Ecco qua:

 
La voce di Borello è infatti un buon basso. Il falsetto funziona, e lo strillo in stile Bent Sæther regge (Pezzo 1), ma si perde sulle note medioacute. È evidente come la voce nei pezzi passi in secondo piano, ma questo tuttavia rappresenta un motivo valido per archivarne le capacità. Una buona voce bassa potrebbe avere delle potenzialità inaspettate, e con questo io non dico che il vostro cantante dovrebbe imparare a cantare: basta solo che capisca dove la sua voce rende meglio. È una strada in salita, ma rende maggiormente. From That What You Say è penalizzata nella parte del crescendo postrockeggiante: se la chitarra già segue un moto verticale, è inutile che la voce, seguendo le stesse coordinate, si vada ad inoltrare su lidi difficilmente accessibili! Armonicamente è una ripetizione inutile, forse basterebbe mettere un coro per smorzare l'effetto.


Le due canzoni che seguono sono tratte dal demo d'esordio: la prima, che reca anche la firma di Federico Esposito (membro fondatore della band, non più presente), è in assoluto il primo pezzo del gruppo e ciò si avvisa nell'insipidità pressoché totale dei primi 25 secondi iniziali. Segue una voce modificata che canta “I see you fight, I see you fight and I'll be standing for you”, fin qui un orecchio inesperto bannerebbe la canzone come pezzo da band liceale. Ciò che invece io ritengo interessante è come in questa traccia si nascondano tutte le coordinate stilistiche del gruppo: la inaspettata linea di batteria dnb della strofa che fa da contraltare all'arpeggio in maggiore, lo stacco stoner e la ripresa improvvisa del ritmo dnb. Poi ritorna il bridge, ma stavolta il tempo tra uno stacco e l'altro si riduce, ed ecco che appare un irresistibile riffone a 1:35 e di colpo si ritorna agli anni 70. Lo stacco che segue al minuto 2:00 non è il massimo dell'inventiva, ma è stupendo come si ricollega al riffone di prima in un microcrescendo di 30 secondi. Lo schema si ripete e s'interrompe a 3:17 con uno dei riff semitonali più stupidi del mondo, ma è evidente che l'interesse è puramente ritmico, tanto che l'estro del batterista ci fa dimenticare quanto quella soluzione fosse imbarazzante ed ancora una volta il rientro sulla strofa è in grado di stupirci. Pezzo 1 mi piace per la sua genuina ingenuità: è una precisa dichiarazione di intenti artistici, ma dichiara anche apertamente: “ehi, che cosa volete, guardate che è il primo cazzo di pezzo che abbiamo scritto!”.
Il pezzo che segue, Weed Canaja, è un singolone mancato ed è decisamente più maturo del precedente. Ha una bellissima apertura che mi ricorda qualcosa a metà tra Sonic Youth e Motorpsycho e poi si perde di nuovo su un arpeggino melodico, fino ad arrivare al commovente riff finale. I cambi improvvisi anche qui non mancano, ma ha una struttura canzone per cui a volte lamenta la mancanza di una voce.
Sweet Caroll and The Dog Sons, invece, se da una parte mette il mostra il lato più funk della band come non avrebbero saputo fare neanche gli And So I Watch You From Afar, dall'altra è sicuramente il pezzo prog meglio riuscito. Nel giro di pochissimo alle aperture melodiche alla 65DOS all'headbanging ad una bellissima rullata di batteria che una chitarra degna dei momenti migliori di Blood Sugar Sex Magic. Poi accordoni e via, si riparte con un po' di dance, fino a riconnettersi al riff iniziale. Superb.
Black Owl è il pezzo che mi ha meno appassionato, anche se devo ammettere che è uno dei meglio coesi. Devo però ammettere che il riff in crescendo a 1:30 mi fa impazzire, anche se penso che sia penalizzato dallo stacco che segue.
Su From That What You Say, in parte, mi sono già espresso. Il riff iniziale è stupendo. Il testo forse non vuol dire nulla, però è anche giusto che qualcuno vada oltre al caro vecchio Kobain. Perché dovrebb'essere gay solo Dio? Lo siamo tutti!
Enfisema mi piace per la batteria storta. Ritmicamente, è un capolavoro. Mi pesano un po' i giri armonici, non mi piace invece il riff finale, trovo che non abbia sapore. Alcune intuizioni, però, mi fanno intravedere l'idea di questa band alle prese con alcune soluzioni di un certo jazz alla Zu. Mi auguro in un futuro non troppo prossimo.
Per concludere, MutterAuto: la hidden track. Una stonerata con riff dissonante e tagliente, inesorabile, lancinante: proprio ciò che mancava fino ad adesso. Ottima scelta, posizione perfetta.

Per concludere, vorrei dire che questo potrebb'essere probabilmente il peggior disco che i Mothercar faranno nella loro carriera, e credo di avere abbastanza intuito per affermarlo. Questo album è pieno di così tante buone intuizioni che, per i presunti “artisti” normali, di solito bastano a riempire 5 o 6 dischi. Lamenta solo non una certa inesperienza, perché la band è sicuramente in ottima forma, ma ancora alcune pecche nel songwriting che fanno parte dei rischi di chi, come i Mothercar, cerca di esplorare delle nuove sonorità. I suggerimenti, del resto li ho già indicati: lasciare perdere certe soluzioni armoniche, utilizzare quella stupenda voce con maggior criterio e non farsi prendere troppo dalla foga di inserire un cambio improvviso a tutti i costi. Per il resto, un gran bel lavoro. 
Cari Mothercar, avete le potenzialità tecniche ed un bagaglio musicale tale che potete sfondare qualsiasi porta vi si trovi davanti, qualsiasi soluzione armonica: che si tratti di tirare fuori un pregevole disco di pop, o una nuova versione di Discipline all'italiana, o di una collaborazione con un'orchestra di ottoni, o di tentare di contaminare con ritmi breakbeat o di soluzioni elettroniche alla Four Tet … fate tutto quello che volete, ma non buttate via il vostro talento: se proprio dovete farlo, almeno uscitevene fuori con della merda così schifosa che vi permetterà di vivere di rendita e produrre musica decente per il resto della vostra vita.
Vi faccio i miei migliori auguri, e buona fortuna!


VOTO: 75

Formazione:

Francesco Borello: Urli, guaiti, voce bassa e basso
Niccolò Boscolo: chitarra elettrica
Andreas Ciavarra: batteria & pentolami vari assortiti

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